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Tutta colpa dei Lego, delle moto e di quel desiderio non ancora realizzati.
Così Marco ha inventato ILO per poter reinterpretare il cassetto dei sogni.

Marco sogna di avere un figlio.

Tra le sue dita rotea nervosamente un ciuccio.

Non è l’idea della paternità ancora incompiuta a renderlo inquieto quando il doversi raccontare a parole. Lui è un uomo d’azione e di meditato calcolo progettuale. Se lo infilerebbe volentieri in bocca quel ciuccio così da non poter parlare e isolarsi come faceva da bambino con i suoi Lego.

Ci giocava sempre, gli piaceva costruire di tutto, dagli edifici improbabili, alle creature più bizzarre. Poi vennero le moto, passione ereditata dal padre, cinque al suo attivo, finite nel garage della memoria come la laurea mai conseguita in Ingegneria Civile.

Già, perché progettare e costruire sono sempre stati il pallino di Marco, ma senza un titolo che lo accreditasse non gli restò che bussare alle porte della prima azienda che incontrò sul suo cammino, Cartotecnica Friulana. Lo fece come si usava fare un tempo: presentandosi di persona e chiedendo se avessero qualcosa da fargli fare. Qualcosa in effetti c’era.

La gavetta innanzitutto.

«Oggi sono socio dell'azienda e responsabile della produzione. Ascolto, interpreto, creo. ILO è nato così: almeno di una buona idea sono diventato padre.»

MARCO BIANCO
ILO ALL'OPERA

Ambienti

Studio

Scatola, contenitore a comparti, organizzatore. La definizione tecnica di ILO è novello da puristi della merceologia.